Capita spesso che il destino di un uomo sia tracciato da volontà diverse dalle sue, e persino da un complesso intreccio di azioni e voleri dovuto a più generazioni di uomini e donne. È questo il caso del protagonista del nostro romanzo, Francesco, costretto a condurre un'esistenza, e a sopravvivere, entro dei limiti che altri, a partire dal Risorgimento Italiano, hanno segnato per lui. Così, con un passo d'interrogazione continua e perplessa, frastagliato da ampie digressioni storiche, il protagonista è obbligato a districarsi su un pericoloso terreno già plasmato da altri, e lo fa prestando sempre molta attenzione al mondo che lo circonda, cercando di non farsi condizionare dalla propria rabbia, dai propri dubbi o dal proprio calvario. Non ha scelta Francesco. Deve vivere e soprattutto subire la vita in cui si ritrova. Tentando di evitare alla svelta le incrinature e gli abbagli intuitivi che potrebbero farlo fallire nel suo fine ultimo: rimanere vivo. Accadono molte cose, in questo romanzo, o meglio in questa storia di storie, dal folto caleidoscopio emotivo, in cui coesistono caratteri spietati, impulsi di dolcezza e sussulti di violenza fuori dal comune, scaturiti da un subconscio sofferente. Un groviglio palpitante di vitalità e allo stesso tempo di agonia, che bisogna districare, servendosi del mito e della magia che compongono "le fil rouge" dell'intera narrazione. Un "fil rouge" che alla fine, in Eritrea, poco prima della caduta dell'AOI, Africa Orientale Italiana, condurrà Francesco a una non scontata crescita interiore e all'affrancamento dal suo "Giusto Debito".
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