Quando József Debreczeni arrivò ad Auschwitz nel 1944, se gli fosse stato detto di andare a sinistra la sua aspettativa di vita sarebbe stata di quarantacinque minuti. Invece fu mandato a destra: quel che seguì furono dodici orribili mesi di prigionia e lavori forzati per poi finire nel crematorio freddo, come veniva chiamato l'ospedale del campo di Dörnhau, dove i prigionieri troppo deboli per lavorare venivano lasciati morire. Debreczeni riuscì a sopravvivere e volle mettere su carta le sue esperienze stilando uno dei più duri e potenti atti d'accusa contro il nazismo mai scritti. Questo libro di memorie, reso con la prosa precisa e non sentimentale di un giornalista straordinario, chiede a chi legge di immaginare esseri umani in circostanze impossibili da comprendere. Pubblicato in ungherese nel 1950, non venne subito tradotto nel resto del mondo a causa del maccartismo, della guerra fredda e dell'antisemitismo. Oggi questa gemma sepolta è apparsa in quindici lingue e prende finalmente il posto che le spetta tra le grandi opere della letteratura sulla Shoah. Das Urheberrecht an bibliographischen und produktbeschreibenden Daten und an den bereitgestellten Bildern liegt bei Informazioni Editoriali, I.E. S.r.l., oder beim Herausgeber oder demjenigen, der die Genehmigung erteilt hat. Alle Rechte vorbehalten.
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