Nel testo "Cronache Letterarie", Luigi Capuana esplora il ruolo e la natura dell'arte, confrontandosi con le opinioni di altri intellettuali del suo tempo, come Leone Tolstoi e Alessandro Manzoni. Capuana critica l'idea che l'arte debba avere una funzione morale o educativa, sostenendo invece che la sua essenza risiede nella forma e nella capacità di creare un mondo autonomo, lasciato poi alle interpretazioni degli uomini. Egli si oppone alla tendenza di alcuni critici e artisti di subordinare l'arte a scopi religiosi o scientifici, sottolineando che l'arte deve rimanere indipendente e non essere confusa con altre discipline. Capuana discute anche la difficoltà di rappresentare epoche storiche passate, come quella greca, nella drammaturgia, evidenziando le differenze fondamentali tra le sensibilità moderne e quelle antiche. Attraverso un'analisi delle opere di Felice Cavallotti, Capuana mette in luce come l'aderenza a convenzioni teatrali consolidate possa limitare l'innovazione artistica. Infine, Capuana riflette sul futuro dell'arte, immaginando un'evoluzione in cui le nuove capacità umane potrebbero trasformare radicalmente la creazione artistica, superando i limiti attuali delle forme espressive.
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