In Commiato, la lirica memorabile dedicata a Ettore Serra, Ungaretti così definiva la poesia: «Poesia / è il mondo l'umanità / la propria vita / fioriti / dalla parola / la limpida meraviglia / di un delirante fermento». Lasciando stare la dimensione del delirio e del fermento, propriamente di un'altra stagione della nostra poesia, non riesco a trovare nulla di più adeguato per dire della intensità di queste liriche di Stefania Boschi e delle prose che ad esse fanno eco: se non fosse che la vicenda umana che qui la poesia ricostruisce è definita dal dramma di un abbandono, dalla fine di un amore, dalla catastrofe di una famiglia. Ma proprio questo fortissimo legame tra la parola e la vita è ciò che rende limpido il dettato, implacato nella sua volontà di ricostruire i movimenti del cuore, l'autenticità della sofferenza, lo strazio dei ricordi: una poesia nella quale Stefania può ricostruire il suo proprio orizzonte nella dimensione e nella volontà della consolazione e della ripresa: è la parola che salva, sulla quale la poetessa lascia che si dispighi il mondo, l'umanità, la propria vita, ora ridefiniti e salvati dal miracolo della parola (Roberto Casalini). Das Urheberrecht an bibliographischen und produktbeschreibenden Daten und an den bereitgestellten Bildern liegt bei Informazioni Editoriali, I.E. S.r.l., oder beim Herausgeber oder demjenigen, der die Genehmigung erteilt hat. Alle Rechte vorbehalten.
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