"I limiti del mio linguaggio" è un'analisi brutalmente onesta e tagliente della depressione - tempo immobilizzato, presente paludoso, "grigiore che risucchia tutto il colore finché non ne rimane che il ricordo". Ma per Meijer (e per molti di quelli che ne soffrono), la depressione è anche una ricerca inesausta delle cose grandi e piccole che danno respiro e valore alla vita, perfino quando la terra "ti attira a sé con più forza del normale": che siano la musica o correre sulla spiaggia con un cane, la scrittura, il conforto di un gatto o il silenzio che dilata lo spazio. In questa "piccola indagine filosofica", la depressione è ben più di un problema chimico: le domande che pone, infatti, sono essenzialmente umane e toccano questioni fondamentali che riguardano l'autonomia dell'individuo, le relazioni di potere, la solitudine, il rapporto tra corpo e mente. Non va soltanto "trattata" (con farmaci o psicoterapie), ma compresa: per questo l'autrice dà voce alla propria esperienza depressiva, sondando "i limiti del linguaggio" che tenta ogni volta di ricucire "i buchi del mondo", di dare forma a ciò che sembra sottrarsi a ogni forma. Il racconto autobiografico incrocia l'umor nero di Ippocrate, la melanconia di Freud, il Tractatus di Wittgenstein, le indagini sulle relazioni tra follia e potere, o tra neoliberismo e depressione; ma non dimentica mai gli animali, gli alberi, gli altri, l'arte, tutto ciò che può dare consolazione, speranza e significato alla vita. Das Urheberrecht an bibliographischen und produktbeschreibenden Daten und an den bereitgestellten Bildern liegt bei Informazioni Editoriali, I.E. S.r.l., oder beim Herausgeber oder demjenigen, der die Genehmigung erteilt hat. Alle Rechte vorbehalten.
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