Quella della destra italiana dopo il fascismo è una storia tortuosa. Che, nei decenni del dopoguerra, va dai qualunquisti di Guglielmo Giannini agli orfani della monarchia, dal Movimento sociale italiano ai liberali di Giovanni Malagodi. E che poi, con la seconda Repubblica, approda al populismo liberale di Silvio Berlusconi, alle leghe nordiste, al tentativo di Gianfranco Fini di trasformare l¿eredità neofascista in un moderno conservatorismo e, oggi, alla scommessa di Giorgia Meloni. Ma dietro le destre, c¿è il paese al quale esse si rivolgono. E cioè una `maggioranza silenziosä che nel dopoguerra era stata estranea alla religione dell¿antifascismo, tradizionalista, talvolta reazionaria, anticomunista e che finiva per votare `turandosi il naso¿. Un¿opinione pubblica che porta fino ai giorni nostri la sua diffidenza nei confronti della politica e dei partiti, l¿ostilità verso le élites, la permeabilità ai messaggi populisti. È facile cadere nella tentazione di giudicare questa parte del paese `arretratä, incolta, umorale, senza capirne le ragioni, tanto più che ha sempre espresso un elettorato senza tessere e senza fedeltà ideologiche, dunque pronto a cambiare bandiera. Una mina vagante per la stabilità del paese o una sorta di sua coscienza critica? Un popolo da rieducare o da ascoltare? Giorgia Meloni, che da quel popolo trae non pochi consensi, dovrà fare le sue scelte. Das Urheberrecht an bibliographischen und produktbeschreibenden Daten und an den bereitgestellten Bildern liegt bei Informazioni Editoriali, I.E. S.r.l., oder beim Herausgeber oder demjenigen, der die Genehmigung erteilt hat. Alle Rechte vorbehalten.
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