Il manoscritto esamina le convenzioni e il significato dei finali nelle tragedie e nelle poesie classiche di Shakespeare, analizzando come essi diano luogo a interpretazioni multiple e ambigue che contribuiscono a dare forma alle chiusure. Nel corpus letterario ambientato nel mondo classico, la chiusura è spesso legata alla delineazione di confini che svolgono una duplice funzione: possono mitigare i disordini politici trasformando le minacce esterne in entità gestibili, oppure possono servire a reprimere il desiderio e l'ambizione umana. In opere come Venere e Adone, Il ratto di Lucrezia e Tito Andronico, i finali funzionano come forme di consolazione, proteggendo efficacemente contro i pericoli esterni o sussumendo il disordine interno. Al contrario, la nozione di chiusura in Giulio Cesare, Antonio e Cleopatra, Timone d'Atene, Coriolano e Troilo e Cressida viene reinterpretata facendola agire, da un lato, come un impedimento che ostacola le aspirazioni e le ambizioni dei protagonisti e, dall'altro, come un criterio di valutazione critica del potenziale umano, valutato rispetto ai diversi sforzi, alle realizzazioni e ai fallimenti di figure autorevoli.
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