Gertrudis, detta Tula, dedica la vita ai figli della sorella defunta, rinunciando al matrimonio e a una maternità propria, in nome di una maternità "totale", incontaminata, vergine, che è anche una vittoria sulle regole del mondo maschile. Don Manuel Bueno, parroco di campagna dal profilo esemplare, non crede più nell'immortalità dell'anima e nella resurrezione, eppure continua a "ingannare" il suo gregge che nella speranza della salvezza ultraterrena trova conforto e ragione dello stare al mondo. Testimonianza dell'incessante ricerca espressiva di Miguel de Unamuno, "La zia Tula" (1921) e "San Manuel Bueno, martire" (1931) declinano in forma narrativa la riflessione su cui s'incentra l'opera dello scrittore-filosofo, quella sul sacro nell'esistenza umana e sui paradossi che ne scaturiscono, rappresentati da due figure anticonvenzionali, eccentriche, persino sovversive, che incarnano la 'tragedia del vivere umano'.
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