La parola della Simonetti, sublime nel suo incedere tra fiori e sterco della vita di ogni giorno, parla di amori invisibili, di violenza di sorrisi negati, di attese sconfinate in un delirio abbandonico dell'io lasciato a digiuno per troppo tempo, e dunque ora terribilmente affamato, cannibalicamente affamato di pulsioni dermiche, di colori, umori, di umanità lacerata da un isolamento autoimposto dall'autrice stessa, perché diventi mistica dell'eros. (Stefano Donno)
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