Spetta senz'altro a Seneca il merito straordinario di aver scoperto la dimensione dell'interiorità in termini moderni e di aver fornito non solo uno stile nuovo, tutto rotture, che vive sul fuoco d'artificio della sentenza finale, ma anche un nuovo coerente linguaggio, nelle cui innumerevoli sfaccettature si riflettono le inquietudini e i dubbi del suo animo, quell'alternanza di pensieri diversi che non sono vere e proprie contraddizioni, ma incertezze, approdi temporanei di una mente inquieta che, avvolta nel mistero delle cose, cerca nella fermezza dello spirito il sostegno della propria esistenza.
Le centoventiquattro lettere a Lucilio furono composte da Seneca dopo il ritiro dalla vita pubblica, probabilmente tra il 62 e il 65 d.C. Non si propongono come un'opera sistematica, ma come un insieme di spunti e riflessioni su temi diversi, cui l'autore si accosta spesso partendo da riflessioni su squarci di vita vissuta. In queste pagine il grande filosofo scopre la propria dimensione intima e interiore, dominata dall'incertezza, in cui la serenità è l'approdo temporaneo di una mente inquieta che avvolta nel mistero delle cose cerca nella fermezza dello spirito un sostegno alla propria esistenza. Il tono resta sempre confidenziale e discorsivo, fruibile come una conversazione amichevole, perché come ebbe a dire lo stesso Seneca «la filosofia è un buon consiglio; e nessun consiglio si dà ad alta voce». Introduzione, traduzione e note di Caterina Barone. Saggio critico di Luciano Canfora.
Le centoventiquattro lettere a Lucilio furono composte da Seneca dopo il ritiro dalla vita pubblica, probabilmente tra il 62 e il 65 d.C. Non si propongono come un'opera sistematica, ma come un insieme di spunti e riflessioni su temi diversi, cui l'autore si accosta spesso partendo da riflessioni su squarci di vita vissuta. In queste pagine il grande filosofo scopre la propria dimensione intima e interiore, dominata dall'incertezza, in cui la serenità è l'approdo temporaneo di una mente inquieta che avvolta nel mistero delle cose cerca nella fermezza dello spirito un sostegno alla propria esistenza. Il tono resta sempre confidenziale e discorsivo, fruibile come una conversazione amichevole, perché come ebbe a dire lo stesso Seneca «la filosofia è un buon consiglio; e nessun consiglio si dà ad alta voce». Introduzione, traduzione e note di Caterina Barone. Saggio critico di Luciano Canfora.