Questo libro esamina il caso specifico del Cile durante la dittatura di Augusto Pinochet (1973-1990) e il suo rapporto con l'arte come canale di espressione e protesta. L'arte funge da forma di comunicazione e costituisce un ponte tra gli oppressori e gli oppressi. Offre a coloro che si trovano ad affrontare conflitti socio-politici una voce con cui esprimersi contro chi detiene il potere. Gli artisti discussi in questa tesi, dalla periferia al mondo globale, vivono esperienze simili attraverso la memoria, il passato, la storia e le questioni sociali; ogni situazione condivide condizioni e risultati simili, indipendentemente dalla loro posizione geografica. I principali conflitti in tutto il mondo, come la seconda guerra mondiale, il nazismo, le diaspore dell'Olocausto, il genocidio in Ruanda, l'autocrazia in Cina e la guerriglia in Colombia, hanno visto uguali violazioni dei diritti umani laddove è coinvolta la politica. Gli artisti hanno cercato modi per esprimere la loro opposizione alla repressione inviando messaggi di critica e attivismo. La dittatura di Pinochet ha prodotto arte e artisti simili che hanno affrontato aspetti della memoria e dell'identità delle persone scomparse, una questione ancora attuale in Cile poiché le violazioni dei diritti umani sono avvenute solo 42 anni fa.
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