Ogni parola ha la sua storia, dicono i linguisti, e spesso questa storia si può conoscere attraverso i dati che generazioni di studiosi hanno messo insieme nei vocabolari. Per alcune parole, però, non si è saputo dire molto, o si ripetono storie vecchie e non sufficientemente fondate. Nel libro si discutono dieci di queste parole, per esempio facchino, in genere rimandato - stranamente - a una voce araba che significa 'giureconsulto', o zibaldone, sulla cui origine non si è mai ben indagato. Si fa inoltre vedere che la forma rubecchio usata da Dante non significa 'rosseggiante', bensì 'ruota dentata del mulino', e che nel Decameron c'è una parola di cui per secoli non ci si è accorti. A tracciare le nuove storie si arriva, naturalmente, attraverso lo studio dei documenti, ossia con un paziente, ma anche divertente, lavoro di ricostruzione.
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