Leo Frobenius dedicò parecchi anni, all'inizio del Novecento, a spedizioni antropologiche e archeologiche nei luoghi più vari dell'Africa, dal Fezzan al Capo, dal Sudan al deserto del Kalahari, e ne riportò risultati preziosi sotto specie di oggetti di culto e della vita quotidiana, nonché di prime riproduzioni di ignote pitture rupestri. E altrettanto prezioso fu il tesoro di storie che raccolse dalla bocca di numerosi narratori locali e poi pubblicò nei dodici volumi di "Atlantis", inesauribile miniera di miti, fiabe e leggende. Ma l'opera in cui tutte queste esperienze e scoperte si presentarono in una sorta di summa fu questa "Storia della civiltà africana", pubblicata nel 1933. Opera imponente, questa "Storia" è anzitutto il tentativo affascinante di delineare la morfologia di un continente, tentativo che rimane unico nel suo genere. Come anche è altamente peculiare il fondamento conoscitivo che qui si rivendica: l'esigenza di individuare la Ergriffenheit, la specifica "commozione" che sta alla base di ogni forma di cultura. Non meraviglia che fra i lettori più attenti e appassionati di questo libro vi siano stati Pavese, Canetti e Giorgio de Santillana. E così anche va ricordato che i primi sostenitori delle négritude, come Senghor, riconobbero nella "Storia" di Frobenius la più grandiosa rivendicazione, da parte di uno studioso occidentale, di quello che la civiltà africana, nelle sue variegate manifestazioni, è stata. Das Urheberrecht an bibliographischen und produktbeschreibenden Daten und an den bereitgestellten Bildern liegt bei Informazioni Editoriali, I.E. S.r.l., oder beim Herausgeber oder demjenigen, der die Genehmigung erteilt hat. Alle Rechte vorbehalten.
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