Della squadra avevo imparato a memoria la formazione che recitavo d'un fiato: Milesi-Sirtoli-Gandossi-Biffi-Manenti-Teruzzi-Donadoni-Donatini-Tironi-UbialiApeddu. Il pezzo pregiato era Gepì Ubiali, un piccoletto tutto ossa e nervi che ricordava un po' Omar Sivori. Era un numero 10 naturale, giocava dalla metà campo in su: geniale, estroso, creativo, furbo, rapido come una faina, rapinatore d'area, preciso e chirurgico nel tiro. E ovviamente mancino, come quasi tutti i creativi nella storia del calcio. Il Gepì aveva superato da un pezzo la trentina ed era tornato a Ponte San Pietro, il suo paese, per concludere una carriera che lo aveva visto raccogliere meno gratificazioni di quelle che avrebbe meritato. Un po' anche per colpe proprie: la sua concezione "Pontesanpietrocentrica" dell'universo gli aveva fatto da freno negli spostamenti spingendolo a rifiutare ghiotte opportunità. Das Urheberrecht an bibliographischen und produktbeschreibenden Daten und an den bereitgestellten Bildern liegt bei Informazioni Editoriali, I.E. S.r.l., oder beim Herausgeber oder demjenigen, der die Genehmigung erteilt hat. Alle Rechte vorbehalten.
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