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Grande revisore, teorico della composizione, apologeta della seduzione letteraria, la sineddoche di quattro lettere 'Lish' è diventata ormai il simbolo di un approccio perfezionistico al testo votato a una calibratura minuziosa della frase. Riesce perciò difficile non restare abbagliati, se non accecati, dalla cura che emerge dai suoi racconti, cullati dal ritmo variabile della sintassi, stimolati dalla ricorsività dei temi, solleticati dai continui giochi linguistici e dall'uso sapiente di ogni figura retorica. Subito si è portati a considerare la prosa di Lish come l'espressione più alta di…mehr

Produktbeschreibung
Grande revisore, teorico della composizione, apologeta della seduzione letteraria, la sineddoche di quattro lettere 'Lish' è diventata ormai il simbolo di un approccio perfezionistico al testo votato a una calibratura minuziosa della frase. Riesce perciò difficile non restare abbagliati, se non accecati, dalla cura che emerge dai suoi racconti, cullati dal ritmo variabile della sintassi, stimolati dalla ricorsività dei temi, solleticati dai continui giochi linguistici e dall'uso sapiente di ogni figura retorica. Subito si è portati a considerare la prosa di Lish come l'espressione più alta di una sublime arte dell'ellissi, resa possibile solo grazie a un'intimità febbrile, pluriennale e per niente pacificata con il linguaggio. Ma cosa si cela dietro quest'attenzione per lo strumento letterario, questo perentorio sgomitare della forma in ogni singolo episodio narrativo? Al di là di Lish, è possibile che nessuno come Gordon abbia preso sul serio l'ironia tipica delle parole, la loro irriducibilità a farsi totalmente trasparenti e lasciare che la realtà possa emergere senza farsi trasfigurare. A ben vedere, i racconti di Volevo essere stupefacente restituiscono una quotidianità lontana anni luce dai salotti letterari, fatta di senzatetto rimbecilliti, prostitute alcoliste, interminabili ciance sui vizi dei figli, parchi pubblici, problemi cutanei o intestinali. Momenti di mal-essere, per così dire, di vita vissuta, in cui irrompe sempre qualcosa di impronosticabile, come se l'analogia fosse la cifra del pensiero e della scrittura: riflessioni, fissazioni, interiezioni e ricordi, spiacevoli, disdicevoli o dolcissimi che siano. Evidentemente la persona 'che scrive', dietro alla figura autoriale ricamata dalla critica, l'origine di questo tappeto armonico fatto di humor yiddish, sembra dirci che la verità letteraria è qualcosa di solo intuibile in una visione di insieme, contando gli spazi bianchi fra le righe e fra un racconto e l'altro. Il vero Gordon Lish, il 'non-detto', è appunto scorgibile solo dietro a un caleidoscopio fatto di omissioni. Realtà e parola, come vita e finzione, non saranno mai totalmente sovrapponibili. E forse è per questo che sono tanto ingombranti e fruttuose l'una per l'altra.
Autorenporträt
Gordon Lish (Hewlett, 1931) è stato la vera eminenza grigia della letteratura americana degli ultimi cinquant'anni. Magnetico insegnante di scrittura creativa, editor e responsabile per la narrativa di Esquire, Alfred A. Knopf e The Quarterly, ha lanciato autori del calibro di David Leavitt, Amy Hempel, Barry Hannah e Joy Williams, sebbene la sua fama rimanga indissolubilmente legata all'invenzione del minimalismo che avrebbe reso celebre e amatissimo in tutto il mondo Raymond Carver. Lish è stato però anche scrittore di enorme sofisticatezza: romanzi sperimentali come Peru e Caro signor Capote (Nutrimenti, 2008), insieme alle storie raccolte in Come scrivere un racconto (Racconti, 2023) testimoniano una ricerca stilistica che ha costretto la critica a scomodare paragoni con Joyce e Beckett. Alla sua troppo scarna bibliografia disponibile in Italia si aggiunge oggi Volevo essere stupefacente.