In questo volume tocchiamo con mano una novità dirompente per Roma: il cristianesimo, dapprima oggetto di persecuzione, quindi motore di cambiamento che incide in maniera decisiva anche sulla lingua. Scopriamo poi che gli abiti indossati venivano scelti in base all'età e al ceto, ammiriamo i gioielli dell'epoca e ci impratichiamo con il relativo lessico, da habitus a lacerna, da stola a toga. Non mancano sentenze a cui ancora oggi ci rifacciamo, come «qui gladio ferit gladio perit» o «rem tene, verba sequentur». E se c'è una cosa in cui i Romani eccellevano, era di certo la politica: per questo tante parole di quell'ambito sono passate all'italiano. I due autori che leggiamo sono Apuleio, con le sue Metamorfosi, e Fedro, che seppe portare nell'Urbe il genere della favola messo a punto dal greco Esopo. Infine, nei cenni di grammatica si completa l'esame delle proposizioni principali.
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