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Le nostre intime e migliori motivazioni sottostanno sempre alle leggi, dice Maggio, e la bontà di quel che facciamo non si misura con quanta gente mettiamo dentro. Così, quando il giovane tossicodipendente Cerchio Nulli muore poco dopo l'arresto, lui indaga sui suoi stessi colleghi, in un crescendo di responsabilità intricate molto più estese e profonde, fino a mettere in gioco la sua stessa incolumità in una situazione paradossale e pericolosa. E non gli basterà la stima della scettica Procuratrice Senzaterra, ci vorrà un alleato quanto mai inatteso.
Le nostre intime e migliori motivazioni sottostanno sempre alle leggi, dice Maggio, e la bontà di quel che facciamo non si misura con quanta gente mettiamo dentro. Così, quando il giovane tossicodipendente Cerchio Nulli muore poco dopo l'arresto, lui indaga sui suoi stessi colleghi, in un crescendo di responsabilità intricate molto più estese e profonde, fino a mettere in gioco la sua stessa incolumità in una situazione paradossale e pericolosa. E non gli basterà la stima della scettica Procuratrice Senzaterra, ci vorrà un alleato quanto mai inatteso.
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Autorenporträt
Francesco Zampa (1964) lives and works in Middle Italy. Books, cinema, graphic novels. Self-publisher from 2012.
Quando varcai per la prima volta la soglia di questa vecchia casa, così mi sembrava di primo acchitto, quasi uno stabile ex-Anas, con in mano il foglio di viaggio della mia prima destinazione, era notte fonda, ero stanchissimo (e così anche il piantone che mi aprì) perché c'era voluto tutto il giorno da Bologna per smistare le nuove assegnazioni, e non ebbi molto tempo per apprezzare, o per iniziare a farlo, l'edificio nel quale ero appena stato accolto. A dire la verità, per un curioso gioco del destino, anche l'anno prima ci ero entrato quasi per caso, ma era stata una faccenda di pochi minuti, ero un turista qualsiasi e tutto pensavo meno che di lì a dodici mesi sarei tornato a vivere proprio lì. Il piantone, dicevo, e un paio di volontari assonnati ma ben disponibili, approntarono in quattro e quattr'otto una branda, e tirarono fuori un paio di lenzuola pulite. A quell'ora, altro non si poteva pretendere: mi piazzarono in mensa, buonanotte e arrivederci. L'indomani mattina ebbi finalmente il mio posto letto, un armadio, una scarpiera e un comodino. Mentre mi sistemavo, mi guardai intorno. Le pareti bianchi ingessate e semigrezze, e una piccola scrostatura che rivelava il rivestimento interno di cannette. Il pavimento in cotto con dossi ai lati e cunette al centro, quasi un viottolo di campagna. Alzai la testa, le volte arcuate. Battei un piede, il solaio tremava. E poi, le porte con specchio imperfette, le finestre in legno riverniciato da un po' e le persiane affaticate dall'erosione della salsedine. Era maggio, e di lì a qualche mese avrei apprezzato anche gli spifferi potenti che si insinuavano da spiragli insospettabili. Scesi al piano di sotto per le scale in pietra serena (o porfido, chissà) con la ringhiera in ferro battuto. Sfiorai il portoncino di ingresso il cui vetro satinato e lavorato doveva essere lo stesso da qualche decennio. Nei due uffici, le Olivetti Linea 98 e gli schedari avevano qualcosa di antico e romantico ma erano senza dubbio intrusi. Il secondo, quello del comandante, dava a levante ed era esattamente sotto la mia stanza. A proposito, credo che la vista sul mare fosse una cosa riservata a pochi anche tra i riminesi. Forse fu lì che mi accorsi che quello non era un semplice presidio, e non solo una splendida villetta adibita a caserma forse in maniera un po' frettolosa. Si...
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