«Non sono un critico, non sono uno scrittore, non sono uno storico», diceva Cesare Garboli di sé stesso, eppure era questo e molto altro ancora: filologo, biografo, traduttore, editore, ma soprattutto un uomo dall'intelligenza rapida e fulminante - diventato autore di culto per quanto parco di pubblicazioni - e uno dei più influenti personaggi del panorama letterario italiano. Definito dall'autore stesso «il libro involontario di un critico che scrive per capire» - come recitava, sibillina e ossimorica, la fascetta promozionale della prima edizione - La stanza separata raccoglie saggi e articoli composti nell'arco di quindici anni e si confronta con un materiale eterogeneo; ai classici si affiancano gli autori suoi contemporanei, scrittori e opere minori si giustappongono ai giganti della letteratura, del teatro, perfino della musica: Dante e Leopardi, Nabokov e Pasternak (il saggio sul Dottor Zivago è considerato una delle massime espressioni della critica letteraria), Morante e Ginzburg, Penna, Pasolini, Sereni, Arpino, Fellini, Guttuso, Puccini... Marcati dallo stile inconfondibile di Garboli - che era musicale e profondo, rapido e denso, caustico talvolta al limite della crudeltà, puntuale e allo stesso tempo molteplice - questi scritti hanno il dono di rivelare significati nascosti, captare misteriosi segnali e creare nessi inattesi che riconducono la parola nel reale: raggiungendo vette a cui raramente la critica può aspirare, sono piccoli gioielli condensati, frutto del talento di un autore eccelso, la cui scrittura è in grado di rivaleggiare in potenza e bellezza con i capolavori letterari che è chiamato ad analizzare.
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