Il testo di Le parole non dette di Vito Labita si compone di una serie di frammenti di conversazioni, apparentemente banali e quotidiane, che tuttavia, sotto la superficie, rivelano un profondo disagio esistenziale e una riflessione sul silenzio e sulla comunicazione. Il poeta sembra esplorare il conflitto tra il desiderio di esprimere emozioni e il timore di farlo, tra la volontà di comunicare e l'incapacità o la riluttanza a farlo. 1. Il silenzio come difesa: Il silenzio appare come una barriera, una difesa che impedisce la comunicazione genuina. Le parole, "frenate col freno a mano" e "zittite e spente con acqua abbondante", sono metafore di questa auto-censura e di un freno interiore che impedisce di dire ciò che si sente o si pensa. Il silenzio non è solo assenza di parole, ma una forma di controllo e protezione emotiva. 2. Il rifiuto di esprimersi: In molti scambi nel testo, si riscontra una continua resistenza a rispondere o a rivelare ciò che si prova. Frasi come "Cosa volevi dirmi? Niente" o "Dimmi tutto. Non so. Non credo sia una buona idea" esprimono una chiusura emotiva. L'autore sembra voler dire che non tutte le emozioni sono comunicabili, o che c'è una sorta di fragilità che impedisce la rivelazione di sé.
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