La memoria umana, si sa, è labile e la realtà complessa: dopo una pandemia globale, la malattia e la morte vicine, un nuovo clima di guerra, reale e mediatica, che si è instaurato, cosa può significare ancora essere resilienti? E come il suo lessico, le parole e le frasi che carezzano l'anima, può definire legami forti, può trasmettere l'importanza di custodire le proprie storie e di ritagliarsi quei necessari momenti di raccoglimento e narrazione dell'identità umana anche nei pe-riodi più frenetici? Sergio Astori torna a parlare di resilienza - dopo il volume del 2017, un successo editoriale che gli ha permesso di definire in maniera chiara il termine e di precisare che i percorsi di resilienza sono essenzialmente comunitari e hanno a che fare con chi è prossimo e con l'ambiente sociale e culturale nel quale ci troviamo - ora che il mondo è cambiato, che la comunicazione è cambiata e questa parola tanto estesa è entrata anche nel linguaggio politico. La scommessa della resilienza è quella di cogliere segnali di fiducia, speranza realistica e capacità realizzativa e allora un'attenta rilettura del passato, della sfida, del cambiamento, può segnare, anche nelle parole, il futuro. La testimonianza di Speranza Scappucci, direttrice d'orchestra e prima donna italiana a dirigere un'opera al teatro alla Scala di Milano, scrive un nuovo capitolo della resilienza tra cultura, impegno e uguaglianza.
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