Quando scrivo ho la sensazione di portare a spasso la mia noia. Mi lascio prendere a braccetto da sensazioni strane che, a volte, mi sono donate dalla solitudine, a volte dalla malinconia. A volte anche dalla tristezza. Cammino, scrivo e, immediatamente, da dietro gli angoli dei miei pensieri, emergono ricordi e, con essi, si manifestano i rimpianti. Poi i dolori. Poi le paure. Si distillano in me litanie di splendore, anche di lacrime, che gorgogliano in ampolle colme a metà di liquidi, credo magici, non sempre trasparenti, non sempre limpidi. La tristezza ha il sopravvento e mi rendo conto che, spesso, splendore e lacrime si eguaglino e assomiglino alle parole che sporcano i fogli, vergini nel loro candore, appena infilati nel carrello della mia Olivetti Studio 44. […] Qualcuno mi racconta strane storie, qualcun altro delle favole. Altri ancora delle fiabe. Scopro che la gioia è una strana forma di disperazione. Una volta, era il 10 agosto di un anno lontano, in attesa di stelle cadenti, scoprii anche che la pioggia e le lacrime hanno la stessa voce. Scoprii anche che i profumi hanno sapori diversi. Pensai anche che, al di là del buio, si celino luci diverse e nuove. Forse è proprio in quel luogo che nascono o vanno a perdersi i miei pensieri? Allora li scrivo, perché i miei pensieri rimangano e non vadano perduti, consapevole di quanto sia facile che i pensieri si dissolvano come le promesse di amore eterno. Li scrivo i miei pensieri! Prima o dopo qualcuno li leggerà! O forse no, perché i miei pensieri sono fatti di silenzi.
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